Ma quale è la quotazione di mercato di Pinuccio Sciola?
Ma quale è la quotazione di mercato di Pinuccio Sciola?
L’arte andrebbe gustata e scoperta esclusivamente in luoghi non convenzionali, nei luoghi dove è impossibile essere concentrati, in quei luoghi riesco a leggerla senza preconcetti o pregiudizi, in quei luoghi è priva di protezione, circola e si imprime come le parole che volteggiano e la patinano, in quel momento e in quelli spazi, oltre il nozionismo, l’arte vive e si determina.
In quel momento l’arte è forza maggiore attualità immediata.
Nell’ambito di questi spazi l’arte è un vero elemento di distinzione e comprensione sociale, si muove oltre mercati ed interessi, sembra affermare: “puoi non fare caso a me”, “comportati come niente fosse, sei libero d’ignorarmi e non comprendermi”.
In luoghi antiespositivi e non convenzionali, in questi spazi pubblici affollati, come bar, locali, strade periferiche, muri scrostati e quant’altro, il linguaggio dell’arte recupera la sua magia di comunicazione originaria.
Per una frazione di seconda nel caos della conversazione l’osservatore individuale e privilegiato impatta con l’immagine e democraticamente ed intimamente, chiunque può diventare lo spettatore solitario e privilegiato.
L’arte nei luoghi non preposti non è mai offensiva, non si impone e non ti è imposta la sua comprensione, gode di riconoscimenti privati, autonomi, intimo, singolare, individuale, una reale magia.
Si muove nel rumore e porta silenzio, questa è l’immagine presente dell’arte contemporanea, non ha nulla a che fare con Musei d’arte contemporanea ed artisti “internazionali” in residenza.
“Niente mi disturba quanto certi artisti che si danno un tono intellettualoide delirante alienato ed alienante a tratti inconcludente perché temono di sembrare “stupidi come un pittore”.
La realtà è che i loro affanni non riescono a nascondere la loro idiozia di fondo, un pozzo senza fondo dell’idiozia mascherata con presunzione destabilizzante per chi li osserva ed ascolta.
Distanti anni luce dall’intelligenza di un vero pittore.”
Serve una visione dell’arte che non la riduca e mortifichi a strumento finanziario come l’oro e gli immobili.
La visione dell’arte non è può essere connessa “economicamente” alla crisi, alle borse ed alle banche, un linguaggio naturale non può essere ridotto ad oggetto di speculazione, chi acquista un oggetto artistico parla e lo legge solo in termini d’investimento (mi viene in mente il Sindaco di Cagliari Massimo Zedda che giustifica l’acquisto dei “Dormienti” di Paladino nel nome dell’investimento e la quotazione).
Il mercato dell’arte detta legge al pubblico e crea su di lui il limite del linguaggio e la sua diffusione e circolazione, consente a banche e fondi d’investimento e a ricchi privati di creare a tavolino portafogli diversificati che limitano i rischi.
Il mercato dell’arte è segmentato in base ai lotti di vendita:
“Abbordabile” è un costo sotto i 5000 euro, “Intermedio” è la fascia 5000 – 500000, sopra le 500000 è altamente speculativo.
Ancora si ragiona su mercato primario quando l’artista fornisce direttamente l’intermediario di mercato (che lo determini lui non è opzione possibile), secondario è quando l’opera si rimette sul mercato (ossia se la rivendi perde di valore).
Le case d’asta che determinano tutto sono due, Sotheby’s e Christie’s, la loro fatturazione è impressionante, nel 2006 vendendo soltanto Impressionisti e Arte Moderna (collezione Altman) hanno fatturato 490 milioni di dollari.
La provenienza degli investimenti degli acquirenti determina il mercato, attualmente governa l’economia Cinese, metà degli acquisti sono Cinesi, tra dieci anni forse il flusso principale si sposterà in India e Brasile, ma è evidente che questo modo di gestire e inseguire una idea di arte e cultura contemporanea nell’isola, marginalizza ed isola, le quotazioni di mercato degli artisti isolani sono risibili e per questo Enti ed Istituzioni non dovrebbero affidarsi a operatori culturali free lance ma a soggetti istituzionali che sappiano tutelare il pubblico e la sua cultura artistica da tutto questo.
In questo secolo, questo scenario rende per l’artista visivo che vive ed abita l’isola, l’impossibilità a rendersi memoria e risultante semiotica di una cultura agli occhi del nomade turista culturale.
Difficile che sarà mai una star planetaria e che verrà ascoltato come un profeta.
Dietro le quinte qualche altro artista, con la sua frustrazione lavorerà per sminuirlo e squalificarlo.
Difficile che alla sua ricerca di arte e di vita venga attribuito un valore inestimabile, la sua giornata apparirà sempre e comunque banale.
Il suo lavoro nell’isola paga in questo secolo, un grosso vuoto politico ed istituzionale.
Questo in un secolo dove l’arte non è più prodotto, ma linguaggio.
Un secolo dove non ha più senso parlare di plagio, di paternità o di originalità del linguaggio.
Le immagini ci piombano addosso come cluster bomb e nulla può essere considerato realmente originario e originale, tutto è ispirazione o citazione.
Quante volte avete sentito dire da quell’insulso artista senza personalità: “Mi sono ispirato a …“?
Un tempo un artista professionista si sarebbe vergognato di dire “mi sono ispirato a …”. adesso è un valore aggiunto, un riconoscimento e un attestato di stima.
Il prodotto artistico contemporaneo è figlio di un sentire comune, non partire da questo e non ragionare seriamente su quanto e come Picasso “plagiasse” o “ricampionasse” linguaggi altrui, vuole dire essere artisti ignoranti nel profondo.
Diffidate da quelli artisti che rivendicano una presunta idea originale, fidatevi di chi lamenta invece soltanto una mancata citazione da chi ha naturalmente ispirato.